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vestito a scampoli di differenti colori, e che faceva gesti da morir del ridere, o come elegantemente dice Cicerone, toto corpore renidet. A Ercolano, fra tant’altre bagatelle importanti e inutili che si trovarono e che diedero una zaffata a tante nostre pretensioni di priorità, saltò fuori un Maccus, simile al Pulcinella francese, col suo naso adunco e le due gobbe. Testè nel colombario o sepolcreto dei liberti d’Augusto si trovò un epitaffio che indicherebbe la maschera del Dottore, giacchè parla di un buffone di Cesare, pantomimo arguto, che pel primo inventò di contraffare i causidici: Cæsaris lusor mutus, argutus imitator, primum invenit causidicos imitari.

Quanto alle maschere che coprono il viso, ne’ musei ne sopravanzano diverse: basta però aver occhi per accorgersi che non si tratta di nulla di simile alle nostre. Erano teste intere, che gli attori metteano sopra le teste proprie, in modo che restava tolto all’occhio dello spettatore quell’incanto che reca ora il vedere sul volto del personaggio esprimersi gli affetti che simula, e ciò con tal verità, quando l’attore sia il Vestri o la Marchionni, da bastare ad eccitar al pianto o al riso.

Se fossi qui per questo, vi farei una dissertazione sui teatri antichi, per verità non inutile onde dar ragione di quella strana deformità, in presenza di persone tanto sensibili al bello com’erano i Greci. Riservandolo però a tempo più scioperato, basta sappiate che quelle maschere fisse dovevano aver la faccia ridente o piangente, secondo che rappresentavasi tragedia o commedia.

L’uso n’è passato, insieme coi costumi dell’an-