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nivenza, venne a prolungarsi il carnevale fino alla prima domenica di quaresima inclusive. In questa, già ai tempi di san Carlo, Chiesa santa cantava l’alleluja, e il mondo profano continuava le gavazze carnevalesche. Esso san Carlo fece ogni suo potere per togliere quest’uso dello schamazzar le domeniche, e in un editto del 1579 si lamentava fossero violate e profanate con giostre, spettacoli, tornei, mascare, balli e dissoluzioni che ne seguono le santissime domeniche di settuagesima, sessagesima e quinquagesima, e che duranti le sacre funzioni della stessa domenica di quadragesima si turbasse la devozione con tamburri, trombe, carrozze di concorso, gridi e tumulti di tornei, correrie, giostre, mascherate ed altri simili spettacoli profani.

Dàgli e dàgli, quel santo, pertinace come bisogna essere per ottenere il bene, riuscì a far rispettare la domenica di quaresima, ed oggi le maschere più non escono quel giorno se non la mattina di bonissima ora quando tornano dai teatri a casa. Ma in quella vece si vuol fare un corso magnifico. E corso chiamano a Milano lo sfilare delle carrozze dalla piazza del Duomo verso gli spaldi di porta Orientale, poi lungo questo fino alla porta Nuova ed oltre. Chi le contò, ha trovato che a Milano vi sono duemilacinquecento carrozze; ed anche forestieri sprezzanti ho veduto io ammirar quel complesso di spendidi equipaggi e di sceltissimi cavalli, qual certo non offrono neppure i Boulevards e i Longchamps di Parigi o il Prater di Vienna, dove saranno più numerosi bensì, ma, di vetture da nolo, mentre quì non sono che legni particolari.

Una volta il corso dirigevasi per la Strada Ma-