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tro, combinati gli sponsali di questo colla Caterina; la seguente domenica si sentirono dire in chiesa: nè finì la vacanza che il curato ebbe benedetto la loro unione, e comandato a Caterina di amare Batrista. Pensate se quel comando le fu grazioso!

Nè va sterile di frutto una buona azione. Il signor Ernesto, che aveva assaggiata la dolcezza del ben fare; egli, che si era sentito spuntar le lagrime quando Caterina gli replicava, — Il Signore la benedica», egli tornò voglioso di gustare le squisitezze della virtù. Rivenne in città mutato. 1 tripudj spensierati, gl’inverecondi festini, gli ozj maledici, i circoli scetticamente beffardi, oh come erano lungi dall’appagarlo! come agognava una felicità senza delitti e senza trasporto, ma anche senz’onta e senza rimorsi! Come gli pareva invidiabile beatitudine la pace de’ domestici affetti!

E volle procurarsela; e Dio lo prosperò.

L’anno seguente tornava egli alle incantevoli rive della Tremezzina con una sposa, bella come ognuno vorrebbe la sua, dotata di quella dolcezza naturale che, dopo la virtù, è la suprema dote nelle donne; e ridente della serena contentezza di colei che sa di essere per un uomo il principio di sua felicità. Poi l’altr’anno Ernesto vi portò un bambino, sua gioja e sua speranza: ed è riguardato da tutti con venerazione d’amore, perchè di casa sua non si parte mai un afflitto senza consolazione, o un povero senza soccorso, un tribolato senza consigli. Spesso egli torna a visitare la casetta di Battista e della Caterina, che giocondissimo è il rivedere i luoghi che rammentino alcuna gentile nostra azione.

Giovani cortesi e leggiadre donne, il mio raccon-