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imprecarla, quali rimasero in trovarla colà, innanzi ad una Madonna, piangente, pregante! Ogni ira s’acquietò; tanto più che Isotta si precipitò al collo dell’Estella, esclamando: — Perdono, perdono; egli è salvo». In quella batteva mezzanotte.

E qui il buon sacerdote si tacque: tutti intorno tacevano d’un religioso silenzio: ed io guardava. Così passò un’ora intera, dopo la quale, come seguitando un pensiero non interrotto, una fanciulla tra i passeggieri domandò: E che cosa avvenne della dama?

— La dama?» esclamò il piovano, quasi riscosso da profonda meditazione. «Vedete cotesto paesello sporgente sur un promontorio, ed ivi una casa bianca, elevata? È Dervio, e dov’è quella casa stava un monastero di Umiliate. In quello si raccolse la signora Isotta, a vivere il resto dei suoi giorni in austerità, cara al Dio che computa il pentimento quanto l’innocenza.

— Oh perchè (diss’io) non rimase ella fra gli uomini a riparare con tanto bene il male cagionato?

— V’ho io detto forse (ripigliò il prete) che non facesse del bene? Innumerabili sono le vie della carità, come quelle della provvidenza. — Quanto agli sposi, le loro nozze furono, tra pochi giorni benedette dal guardiano del convento vicino, e nel castello festeggiate con gaudio, sebbene senza tripudio. La loro gioja non ve la descriverò io: non è facile descrivere la felicità; sì pochi la provarono. Tanto più che arrivò in quei giorni la nuova come Polidoro Boldoni, il quale era rimasto a ricovero nel castello, allora maggiore delle leggi, pei buoni uffizj del cavalier Morone, e per essere stato dato