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salubre e di gìovamento, che si dà per medicina agli infermi.
Il calore è quì modestissimo perchè non molto si fa sentire, ed il fuoco del Vesuvio, e di Pozzuoli che li stanno d’intorno, dimostrandoseli riverente, non ardi mai di danneggiarla. Ma questo, dicasi il vero, non per merito dei nostri Napolitani, ma del caro nostro Padre e Protettore S. Gennaro.
Le stagioni poi, par che fra di loro confederate siano a benefìcio della nostra Napoli. L’inverno, accumunatosi con la primavera, di continuo ed in quantità ne dà rose, garofali, ed altri fiori. E se in qualche anno dà nevi, le dà perchè nell’ estate, che forse sarà per essere più calorosa, abbia più prossimi i rinfreschi nelle conserve che se ne fanno.
Che più, fatto guardarobba dell’autunno, mantiene nelle sue grotte ed uve fresche e frutta in tutto l’ anno.
La primavera altro non fa sentire che soavissimi odori di fiori d’ aranci e di rose, e di gigli: e nella città veggonsi graziose logge di fiori stravaganti, che invidia non li fanno quelle de’ forestieri. Che più, fatta coadiutrice dell’ autunno, matura in alcuni luoghi i fichi, che per lo mancamento del sole lasciò quello di maturare.
L’estate, se ben ella volesse mostrarsi calorosa, non può perchè vien raffrenata dall’aurette continue del mezzogiorno, e dagli freschi passeggi per le rive del mare; e particolarmente in quella di Posilipo, e dagli ombrosi pergolati delle grotte, che dan frutta come ghiacciate: e particolarmente in queste nostre, nel borgo de’ Cappuccini nuovi.
L’autunno si può chiamare padre dell’allegrezza, nelle abbondanti vendemmie; e nella raccolta delle frutta da tenuta per tutto l’ anno: in modo, che per lo più se ne veggono e nuovi e vecchi; e talvolta si fa cedere la giurisdizione della primavera, in far vedere rifioriti gli al-