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I Capitani s’eleggono in questa forma; s’uniscono gli

    assai benignità il reame, facendovi fiorire le arti di pace, circondato dai più eletti baroni e da una numerosa figliuolanza, nella quale molti si rendettero illustri, e specialmente Ludovico, vescovo di Tolosa; che fu santificato da Papa Giovanni XXII. A questi tempi Napoli fu spettatrice di maraviglioso avvenimento, nella persona di un povero romito delle vicinanze di Solmona, chiamato Pietro. Costui si viveva solitario ed oscuro nella sua solitudine, quando i cardinali, dopo essere stati discordi tra loro due anni e più, presero risoluzione d’innalzarlo alla sede Pontificia in luogo del defunto Papa Niccolò. Non voleva accettare il semplice uomo di Dio, riputandosi nella sua umiltà non esser colonna da tal peso; pure valsero tanto le insistenze di molti, ed anche di Re Carlo, che si lasciò gridare Sommo Pontefice nella città di Aquila. Ma non faceva ancor l’anno che, spaventato dal medesimo peso e dalle iniquità della terra, nella sala maggiore di Castelnuovo, innanzi al Re, a’ grandi officiali della corte e ad un corpo dì cardinali, solennemente depose quell’altissimo e potente fregio ch’è il triregno, e riparò alla cara solitudiue del suo animo, santificato dalla povertà e dalla penitenza.
       Al 1509 Roberto cognominato il saggio fu assunto al trono per decisione di Clemente V, il quale comechè si spettasse il reame a Caroberto, figliuolo del Re dogli Ungari Carlo Martello, prìmogenito che fu di Carlo II, volle schivare che si avessero a congiungere, quando che fosse, le corone d’Ungheria e di Napoli. Con tutto ciò Roberto, uomo giusto e prudentissimo, in tarda età congiunse in matrimonio Giovanna, sua erede presuntiva, con Andrea, figliuol di Caroberto, perchè la corona ritornasse a chi si apparteneva senza toglierla a’ suoi. Egli aveva portato il dolore di vedersi morire in giovane età Carlo suo figlio, che i Napolitani per i grandi suoi pregi avevan soprannominato l’illustre, il quale fu un Principe ornato di tutte le virtù convenienti a Re, religiosissimo, giustissimo, clementissimo e liberalissimo, come l’appella il Petrarca, che assai onorevolmente visse alcun tempo nella corte del padre, da cui ebbe lo stesso manto che portava indosso, quando chiamato, a Roma per esser cinto della corona di lauro, venne a lui, acciò che desse sentenza del suo valore. Morì