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le loro interne bisogne nell’interesse proprio ed in quello di Europa, la quale dovrà imporsi di non più funestarci colle sue irruzioni sotto l’elastico pretesto di pacificar noi con noi stessi! Dovrà l’Italia con 25 milioni di abitanti essere eternamente tenuta per un grande ospizio di pupilli, a cui occorra la tutela di tutte le potenze di Europa? È tempo che finisca questo anacronismo, e deve finire principalmente per l’opera nostra, approfittando del generoso concorso che ci venne offerto da una delle Nazioni più potenti e più civili di Europa; ed i varii nostri umori cospireranno essi pure a farci grandi e temuti, quando cesseranno di essere aizzati dall’antagonismo straniero.

Egli è perciò che sarebbe stato a mio avviso miglior consiglio di abbandonare latente la questione del potere temporale del papa, che ora solleva tante interessate recriminazioni, per rivolgere l’azione comune alla soluzione del problema ben altrimenti importante della liberazione della Venezia, problema la cui soluzione implica quella del dominio papale e di molte altre interne, e avviluppate questioni.

Tuttavolta non può negarsi che, posto il quesito nei termini tracciati dal famoso opuscolo Il Papa ed il Congresso, si è ottenuta in Italia una linea di demarcazione ben distinta, fra gli amanti della indipendenza nazionale, degli ordini liberi, del progresso e della civiltà; e coloro che parteggiano per le male signorie straniere, per l’assolutismo, e per i principii retrivi di ogni specie. Si fece inoltre manifesto come questi ultimi, accortisi della nullità e debolezza del loro principio di azione, si avvalorano dell’ignoranza in cui trovasi immersa una parte del popolo; dello