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la pittura dei caratteri 151


Noi vediamo operare in un altro senso la forza di questo spirito antidionisiaco volto contro il mito, quando fissiamo lo sguardo sul prevalere della pittura dei caratteri e della raffinatezza psicologica nella tragedia da Sofocle in poi. Il carattere non deve più universalizzarsi in tipo eterno, ma al contrario deve assumere aspetto ed effetto individuale per mezzo di speciali lineamenti artificiosi ed ombreggiature, per mezzo della più raffinata precisione di tutte le linee, in modo che lo spettatore non abbia più in generale la sensazione del mito, bensì della potente verità naturale e della potenza imitativa dell elitista. Verifichiamo anche qui il trionfo del fenomeno sull’universale, il piacere dell’individuale e, per così dire, del singolo preparato anatomico; respiriamo già l’aria di un mondo teoretico, il quale apprezza più la conoscenza scientifica, che l’immagine, vista allo specchio dell’arte, di una norma universale. Il cammino sulla linea del caratteristico andò avanti rapidamente: se tuttora Sofocle dipinge caratteri interi e aggioga il mito al loro raffinato svolgimento, Euripide già dipinge non più che grandi lineature caratteristiche singole, che sanno manifestarsi in passioni veementi; e nella commedia attica nuova finiamo con rincontrare mere maschere con una espressione unica, cioè vecchi dissoluti, ruffiani gabbati, schiavi furbi, e sempre quelli, ripetuti interminabilmente. Dov’è andato lo spirito della musica, padre del mito? Ciò che adesso rimane della musica è musica eccitativa o figurativa,