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130 capitolo quindicesimo


prire leggi naturali. Perciò Lessing, il più leale degli uomini teoretici, osò dichiarare, che a lui importava più la ricerca della verità che la verità stessa: con che è stato rivelato il segreto foudamentale delia scienza, a stupore, inizi a dispetto degli scienziati. Senza dubbio accanto a questa confessione solitaria viene ad aggiungersi, come un eccesso di probità, se non di presunzione, la profonda e convinta illusione, apparsa la prima volta al mondo con la persona di Socrate, di quella fede imperturbabile, la quale crede che il pensiero, mercè il filo conduttore della causalità, arrivi fino ai più profondi abissi dell’essere, e che il pensiero sia in grado non solo di conoscere, ma anche di correggere l’essere. Questa nobile illusione metafisica vale come istinto della scienza, e la riconduce sempre ai suoi confini, sui quali bisogna che si converta in arte: alla quale propriamente mira per mezzo di questo meccanismo.

Contempliamo ora Socrate alla luce di cotesta idea: egli ci appare come il primo, che in preda a questo istinto della scienza seppe non solo vivere ma, ciò che è ben più, anche morire; onde l’immagine del Socrate morente, come un blasone dell’uomo che il sapere e la ragione liberano dal timore della morte, è sospesa sulla porta d’entrata della scienza, e ne ricorda a ognuno l’ufficio, che è quello, cioè, di far apparse intelligibile e quindi giustificata l’esistenza: ufficio al quale senza dubbio, se il ragionamento non vi riesce, deve in conclusione servire anche