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124 capitolo quattordicesimo


cessario ed evidente deve correre tra la virtù e il sapere, tra la fede e la morale; appunto in questo modo la soluzione trascendentale della giustizia di Eschilo viene abbassata al pedestre e sconveniente principio della «giustizia poetica» col suo solito deus ex machina.

In cotesto nuovo mondo scenico socratico-ottimista, qual’è adesso la parte tenuta dal coro e in generale da tutto lo sfondo musicale-dionisiaco della tragedia? È una parte accidentale quasi una reminiscenza, e reminiscenza abbastanza trascurabile, delle origini della tragedia; laddove abbiamo invece verificato, che il coro dev’essere inteso unicamente come causa della tragedia e in generale del sentimento tragico. In Sofocle già principia a notarsi, nel coro, un certo impaccio; che è un segno importante; segno, che già in lui il terreno dionisiaco della tragedia comincia a sgretolarsi. Egli non si arrischia più di affidare al coro la parte principale dell’effetto, ma circoscrive il suo cómpito in modo, che esso ora sembra quasi coordinato con gli attori, quasi che fosse stato levato dall’orchestra e assunto sulla scena; con che la sua natura viene senza dubbio a essere completamente alterata, per quanto Aristotele dia la sua approvazione precisamente a una concezione siffatta del coro. Cotesto spostamento della posizione del coro, che Sofocle a ogni modo ha raccomandato con la pratica, se non anche, come vuole la tradizione, per mezzo di una monografia sull’argomento, è il primo passo alla soppressione del