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il riso e il pianto 91


scena greca, che il Dioniso veramente reale compare in una molteplicità di figure, nella maschera di un eroe lottante e, per così dire, preso alla rete della volontà del singolo. Comparendo in tale conformità e parlando e agendo corrispondentemente, il dio somiglia a un individuo che erra, che si affatica, che patisce: e in generale il suo apparire in cotesta precisione ed evidenza epica è l’opera dell’oniromante Apollo, il quale con quell’apparizione allegorica chiarifica e illustra al coro il suo confuso stato dionisiaco. Ma in verità l’eroe è il Dioniso sofferente dei misteri, è il dio che prova su di sé i dolori dell’individuazione, il dio di cui i miti meravigliosi raccontano, che fanciullo fu fatto a pezzi dai titani, e in quello stato lo adorarono sotto il nome di Zagreo: donde risulta evidente, che cotesto sbranamento, in cui consiste la vera e propria passione di Dioniso, è semplicemente la trasformazione in aria, acqua, terra e fuoco; e che dunque dobbiamo considerare lo stato dell’individuazione come la fonte e la cagione originale di tutto il patire, come alcunché di rifiutabile per sé stesso. Dal riso di cotesto Dioniso nacquero gli dèi olimpici, dal pianto gli uomini. Durante la sua esistenza di dio fatto in pezzi Dioniso ha la duplice natura di un feroce demone selvaggio e di un mite e clemente dominatore. Ma la speranza degli epopti correva a una rinascita di Dioniso, che in un modo pieno di presentimenti bisogna che noi comprendiamo come la fine dell’individuazione: al ritorno di