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NOVELLA LX


Argia (Raccontata da Giovanni Becheroni contadino)


Ci fu una volta un ricchissimo Conte di Bologna, che aveva una bella figliola sopracchiamata Argia, e la trattava da innamorato un cavaglieri detto Petronio, provvisto sì di beni di fortuna, ma che nun poteva in nissun modo, mettersi al paragone della ragazza: in ugni mo', lui per la bramosia di garbare alla su' dama e di nun parere da meno di lei tieneva un gran treno signorile, faceva delle spese da matto e finì che nun gli rimanette il becco d'un quattrino, poero 'n canna e pieno di debiti per insino agli occhi. Vistosi dunque al perso, Petronio pensò che era più meglio di fuggir via da Bologna e andarsene vagabondo per il mondo, sicché licenziatosi co' una scusa dall'Argia, la lassò libbera per l'affatto e se ne partì alla cheta per il su' pellegrinaggio. Dapprima l'Argia, che cognosceva le vere ragioni, perché Petronio l'aveva dibandonata, se n'affliggé dimolto della su' sparita: ma si sa; lo dice anco 'l proverbio: Lontan dagli occhi lontan dal core; e poi le donne son di natura dimenticone in sullo spasso degli amanti; all'Argia gli capitò dinanzi un altro giovanotto a fargli 'l cascamorto, e Petronio fu seppellito 'n fondo al dimenticatoio. Questo giovanotto, chiamato Anselmo, nun era tanto ricco; bensì di famiglia nobile antica e specchiata, e cugino del Papa allora regnante. Al Conte gli garbò e nun fece ostacolo a darlo per marito all'Argia, e ci aggiunse una bona dota, perché stessano da par loro; accosì fu concluso lo sposalizio e l'Argia viense in gran pompa menata nel palazzo d'Anselmo. Ma Anselmo aveva un grosso [499] mancamen