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NOVELLA XXIII


Fidati e Nun-ti-Fidare (Raccontata dalla Luisa vedova Ginanni)


C'erano una volta du' fratelli, uno bono e uno strego, più maligno via; quello bono si chiamava Fidati e quell'altro Nun-ti-Fidare: tutt'addua il nome l'avean con seco. Fidati voleva stare ugni sempre con Nun-ti-Fidare, e a Nun-ti-Fidare la compagnia di Fidati nun gli garbava punto: faceva di tutto per mandarlo lontano e che si sperdessi. Un giorno questi du' fratelli dovevano andar fora in viaggio, e però Nun-ti-Fidare fece du' be' pani per sé e Fidati uno e mezzo soltanto, e poi si partirno da casa, e per istrada Nun-ti-Fidare camminava 'n furia, sicché Fidati 'gli era a ugni mumento addreto, e il su' fratello dispettoso nun voleva mai aspettarlo e lo divariava tanto, che Fidati per raggiugnerlo bisognava che corressi e si straccass'a bono; e con questa fatica gli vieniva fame e però mangiava di quel pane e mezzo che lui s'era cotto. Quando arrivorno a un bosco, Fidati del pane nun n'aveva più, e Nun-ti-Fidare steva mangiando allegramente insenz'accuparsi dell'appetito del su' fratello, abbeneché vedessi che lui pativa. Finalmente Fidati s'allentò a chiedergliene un boccone. Dice Nun-ti-Fidare: - Magari! Sì, te ne do del mi' pane, ma a patto che tu ti cavi un occhio; insennennò, crepa, a me nun me ne' mporta. Dice Fidati: - E po' tu mi lassi, nun è vero? Ma i' vo' stare con teco. - Che! cavati un occhio, e il pane tu l'arai, e nemmanco ti dibandono, - gli arrispose quel maligno. Insomma, se volse il pane, bisognò che Fidati si cavassi netto un occhio. [219]