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NOVELLA XIX


Il Figliuolo del Mercante di Milano (Raccontata da Ferdinando Giovannini sarto)


C'era una volta, in ne' tempi antichi, un mercante di Milano, che aveva moglie e du' figlioli: lui preferiva il maggiore, perché più grande e ormai capace d'aitarlo ne' su' traffichi; a quell'altro più piccolo il mercante nun gli voleva male, ma siccome era quasimente un bambinuccio, nun lo tieneva di par suo e lo lassava da parte insenza pensarci su dimolto. Questo mercante de' quattrini n'aveva a dovizia, e possessi, e però si trattava da signore, e nun badava agli 'nteressi minuti, bensì a de' negozi di guadagno smenso, pigliava degli accolli e cose simili da crescere il suo in un mumento: accosì ne' giorni che ora si raccontano, il mercante andeva in Francia per un lavoro di fabbriche e aveva fatto i su' calcoli a tavolino che la 'ntrapresa doveva portargli un frutto macicano. Dunque lui ammannì tutti i bauli, e' pensò di menare con seco il figliolo maggiore; ma anche il più piccino voleva in ugni mo' andare col su' babbo: - I' vo' vienire con voi, babbo. Vederete ch'i' sarò bono e mi sforzerò d'aitarvi pur io, babbo. Qui solo a Milano nun ci vo' rimanere. Ma nun ci fu versi: il mercante disse di no, e il bambino fu obbligato a chetarsi per nun ne buscare. Sicché arriva l'ora della partenza, caricorno i bauli in una carrozza di posta, perché a que' tempi non c'era 'l vapore, e il mercante col su' figliolo maggiore saliti dientro, allo stiocco della squerza e al sono del corno si mossano i cavalli, e via! al trotto. Ma in nel trambustìo de' postiglioni, e poi era anco buio, non s'accorgette nissuno che il bambino del mercante si fossi di [178] niscosto accoccolato