Pagina:Negri - Le solitarie,1917.djvu/197


L’assoluto 191


“— Viaggiammo. Ma fra le bellezze dei paesi che rademmo a volo come le rondini, e i miei occhi, sempre si drizzò la persona di Elio: le vidi con lo sguardo di lui, ne godetti perchè egli m’era accanto, nulla avrebbero detto ai miei sensi se egli non fosse stato.

“Ricordo. Un meriggio di luglio. Una sosta a Parma, dopo aver vagabondato pel Lazio, la Toscana e l’Emilia, e in attesa di prendere il direttissimo per Milano. L’aria era incandescente. Io m’ero accoccolata sui gradini della facciata del Duomo, presso i leoni di pietra, impassibili. Ero vestita di bianco, ero una piccola cosa bianca raccolta ai piedi di Elio, che se ne stava diritto davanti a me, come per difendermi dalla canicola. La piazza, deserta, chiusa nelle semplici e basse linee delle sue case intorno alla maestà del tempio e alla miracolosa grazia del battistero, era tutta un rogo. Vi bruciavo con lui. Io sola, con lui solo. Felice.

“Elio non mi era mai apparso così bello. Lo vedevo dal basso all’alto, gigantesco. Egli accarezzava cogli occhi prima me, poi le colonnine del battistero. Diceva: Sono leggere come ali. Volano.... — Diceva: Nelle pietre del