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L'uomo e la macchina 261


E tanto l’adorò ch’ella terribile
ne divenne, suo gaudio e sua superbia,
idol d’acciajo fino ai denti armato,
a conquiste implacabili creato.

E un dì ch’ei ne seguìa, scosso da fremiti
d’orgoglio, il gioco delle ferree vertebre,
ratta il ghermì, sè del suo sangue intrise,
più bella al sol perfidamente rise.