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4 Neera


La sua vita vegetale, spoglia di qualsiasi pensiero, le dava una freschezza di fiore, qualche cosa di ingenuo e di selvaggio. A vederla correre per i prati colle vesti sparse di fieno, coi piedi nudi, con quel sorriso inconscio d’ogni malizia, felice nella sua completa ignoranza, non si poteva commiserarla troppo.

Chi sa! Ella aveva delle gioie che gli altri non arrivavano a capire. Parlava cogli alberi, coi sassi, colle belle giovenche grasse che pascolavano l’erba ed alle quali accarezzava il pelo con una tenerezza materna, piangendo se vedeva mungerle perchè era persuasa le facessero male.

Stava delle giornate intere seduta per terra trastullandosi coi rami verdi, colle pannocchie di grano turco; guardando i ruscelli che correvano sotto i filari di salici o gli alti pioppi di cui il vento faceva tremolare le foglie. Ascoltava, attenta, il canto delle cicale e dei grilli, il gracidare delle rane in mezzo alle risaie, il ronzio delle libellule; più ancora ascoltava il silenzio, il grave, solenne silenzio della pianura. Fin dove l’occhio poteva spaziare, alberi verdi e prati verdi si fondevano in una dolce monotonia, e Angelica l’amava questa monotonia serena che armonizzava così bene col silenzio del suo cervello.

Essendole morta la mamma improvvisamente, per una caduta, non aveva più nessuno che si