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scrissi, ma non trovai più la lettera. Sopraggiunse poi la febbre che mi tolse i sentimenti e mi tenne per parecchio tempo in pericolo di vita. Queste cose gliele dico per mia giustificazione, non per accrescere la sua pietà, quantunque da essa io abbia avuto le più pure gioie, forse, della mia giovinezza. Quel fiore che mi giungeva tutti i giorni chiuso in una busta identica a quella della prima lettera, muto, eppure eloquente, in quale giardino ideale era stato colto? Oh! ella non saprà mai il bene che mi ha fatto venendo tutti i giorni a visitarmi così silenziosa, invisibile e discreta! Mi domando se vale la pena di guarire quando riacquistando la salute dovessi perdere la dolcezza della sua compassione.

Ma guarito non sono ancora, la prego di rammentarlo. Ho voluto solo dedicare a lei la mia prima ora serena.

Ippolito Brembo.


10 aprile. Signorina, le scrivo confuso, tremente, pieno di dubbi. Ella è stata così buona con me che non lo potrò dimenticare mai. Ma forse l’ho offesa? La mia lettera fu dunque così disgraziata da togliermi d’un tratto una protezione che m’era parsa il più bel dono della vita rinascente? Il suo silenzio me lo fa temere. Se così fosse la scongiuro a perdonarmi.

NEERA. Una passione. 6