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mento istesso, intuizione o presentimento che fosse, speranza folle o vago terrore, o semplice ansia dell’ignoto, egli esitava ad aprirla. L’ora era troppo mesta perchè quella lettera che sembrava averlo chiamato con una misteriosa forza di magnetismo, traendolo, nuovo Lazzaro, dalla specie di sepolcro dove giaceva da tanto tempo, non dovesse esercitare sulla sua sensibilità un’acuta impressione dove sentimento e fantasia lavoravano insieme. Gli veniva dunque dal mondo, dal gran mondo ignoto e lontano, una voce?

Alzò la lettera contro la fiamma della candela senza che nulla trasparisse; se l’accostò al volto, ma non avvertì nessuno dei soliti profumi commerciali, benchè fosse invasa da un sottilissimo effluvio proprio degli oggetti femminili chiusi negli stipi odoranti di legni fini e di fiori freschi.

Sorse a sedere sul letto. Non aveva più freddo. Con un movimento affatto giovanile ricacciò indietro le coperte. Fu un lampo. Si ricompose, si riadagiò girando la lettera fra le mani per vedere da qual parte avrebbe potuto aprirla lasciando intatto l’enigma del suggello. Sul tavolino da notte c’era un piccolo cucchiaio; lo prese e ne introdusse delicatamente la parte sottile in un interstizio della busta. Ancora un istante di esitazione. Che mai, che mai lo aspettava? Crac! La busta spaccata gemette.