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ridere in un modo così sciocco che Ippolito si sentì ferito in quel suo sentimento nuovo ed insieme gli parve che una barriera sorgesse improvvisamente a dividerlo da tutto ciò che era stato il suo passato.

Non lo si vide più d’allora scherzare colle servette nè trastullarsi e ridere di ciò che ancora faceva ridere i suoi coetanei. La trasformazione iniziata per un subito risveglio di sensibilità continuò il lavoro occulto di dirozzare i suoi nervi. Divenne più schivo, più difficile nei gusti, più insofferente anche e più malinconico. Sentenziava Remo: — È il passaggio dall’una all’altra età.

Ma il grande problema rimaneva lo stesso: Che cosa avrebbe fatto? Quella specie di indolenza che aveva sempre paralizzato l’ingegno di Ippolito non accennava a sparire. Romolo e Remo discutevano tutti i giorni il suo avvenire senza che egli vi prendesse parte attiva, indifferente alla carriera degli impieghi ed a quella dell’insegnamento fra cui sembrava pendere la scelta. Il gusto per la musica che non lo aveva totalmente abbandonato e qualche relazione fatta a Bergamo coi frequentatori di quel Conservatorio lo consigliarono a prepararsi per un posto di organista, senza che per altro egli vi si accalorasse troppo. Tutto era dunque in sospeso, quando gli capitò la coscrizione milita-