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Una giovinezza del secolo XIX 227


parola per comprendere la differenza intellettuale che esisteva tra me e i miei fratelli; erano orizzonti inesplorati di idee, campi di osservazione sui quali non potevamo incontrarci. Io restavo sempre prigioniera della esuberante mia attività interna. Essi discutevano del calcolo integrale e differenziale, mentre a me cantavano nelle orecchie i versi di Byron e per contrapposto gridavo al vento: “No, no, Ossian non mi piace! È noioso”.


Gli ultimi avvenimenti della mia famiglia paterna corrono al loro fine. La povera zia Nina morì di vaiolo nero in due o tre giorni e Stefano, poichè io ero già accasata, rimase solo colla zia Margherita; l’anziana e il più giovane rampollo. Stefano si era appena laureato ingegnere e dal Politecnico stesso gli fu proposta la direzione di un grande stabilimento industriale a Rivarolo Ligure. Mi ero immaginata qualche volta il mio ingenuo fratellino curato di villaggio o medico condotto ad ascoltare con paziente benevolenza i peccatucci de’ suoi parrocchiani, od apparire sulla soglia dei miseri casolari apportatore di sollievo a chi soffre, od anche, poichè egli era di spiriti gai e festevoli ed incline alla onesta allegria, seduto sotto una pergola brindare alla festa della