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Confidenze. 175

Parnaso cantando come Apollo con una chitarra al collo e tirandomi dietro tutte le fanciulle di Citera. Dai sentieri della Sonna hai mai visto lassù quel bianco paesetto che chiamano Celana? A Celana io feci i miei primi studii, e dalle finestre del collegio quante volte la mia giovane immaginazione lanciandosi correva per gli orizzonti infiniti con volo d’aquila!... Era il bel tempo in cui si navigava in piena Grecia, zavorrati di classicismo, con Omero per faro. Ah quanti, quanti sogni grandiosi dietro le siepi di biancospino, intanto che si pigliavano i cervi volanti! Eravamo tre amici inseparabili; tutto il mondo ci apparteneva, l’avvenire era nostro e fabbricavamo in esso dei castelli di fata. Uno è morto di tifo a diciannove anni, a Montesuello. L’altro è vice cancelliere in una borgata di Sicilia; ha la moglie e cinque figliuoli; nelle ore libere insegna l’oboe ai giovani del paese, e allora guadagna il cacio da mettere insieme al suo pane... Ma parliamo di me. Io amavo la poesia con ardore, con passione, colla cieca fede dell’ignoranza. Per essa troncai a mezzo le speranze che mio padre aveva fondate sulla mia carriera, non volli saperne di essere nè avvocato nè dottore; volli essere poeta. Andai a Milano, il focolare letterario d’Italia, e