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Un matrimonio di progetto. 263


Passiamo dalla teoria al fatto. C’era appunto in via S. Protaso al Foro un’agenzia matrimoniale molto accreditata.

La personificava certa signora B. vedova di due mariti e sufficientemente provvista di beni di fortuna per vivere agiatamente non solo, ma per convitare tratto tratto i suoi amici a serali convegni, dove i vecchi potevano giocare, gli uomini fumare, ciarlare le donne e i giovani d’ambo i sessi fare all’amore.

Ognuno vi trovava il suo conto — non esclusa la signora B. che vinceva sovente a picchetto o a tarocchi; piacevasi eziandio ad arrotolare fra le sue dita grassoccie un paquitos o un maryland; si occupava di pettegolezzi e... in fede mia, poichè il dado è tratto, diciamo anche che arrischiava qualche passo sul terreno riservato ai quindici e ai vent’anni — poh! chi sarebbe stato tanto impertinente da proclamare ch’ella ne aveva quaranta?

La società della signora B. componevasi quasi esclusivamente di persone lanciate da lei o sul punto di doversi lanciare.

Nessuna distinzione di ceti. Arte, commercio, industria, finanza, giornalismo — un’olla podrida ch’ella rimescolava, manipolava, suddivideva, cospargendo di sale e di pepe a seconda dell’occasione e dei palati.

Ella viveva solo per occuparsi dei fatti altrui; brigare un impiego, raccomandare una causa, promuomere collette, perorare, correre, ottenere posti gratuiti