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Perchè sono celibe. 179

ciascuna in uno dei bugigattoli, non direi di no — ma dovendo capire interamente o nell’uno o nell’altro, riusciva un vero problema lo stendere le gambe sotto il tavolo, infilare i pantaloni, spazzolare il paletot. Tuttavia il mio appartamento mi piaceva, — somigliava alle cellette di un alveare — solo che pensavo al modo di poter collocare il letto senza metterlo a ridosso della libreria e disporre le mie dodici sedie in modo che sei almeno potessero sfilare liberamente senza essere costrette a portare le altre sei in ispalla. Comperai un metro di quelli che adoperano gli ingegneri, e una domenica, giorno di vacanza, mi posi a misurare le sedici pareti delle mie quattro camere.

Oh! sorpresa. Lungo i cornicioni, dietro le imposte, sugli stipiti delle porte trovai — dei ragni? degli scarafaggi? — no — trovai una quantità di sentenze scritte a matita — la maggior parte amorose, tutte sentimentali:

Anch’io solinga sulla terra sono
E alle larve più belle ho detto addio!

Questa era scritta nella sala da pranzo. Altrove:

Amare un’ora e soffrire un secolo — ecco la vita.

Più giù, un lungo brano dell’Ermengarda di Prati — e Metastasio e Petrarca e Lamartine e la Staël e la Cottin — tutta quanta la schiera dei romantici e degli anacreontici.

Ne ebbi per tre ore di lettura — dopo le quali non vedevo che cieli azzurri, diafane penombre; non udivo che misteriosi accordi di rondinelle e di liuti