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208 decadi


pra un panciotto che non faceva una grinza e sotto il quale cadevano in perfetto a piombo i pantaloni di fina stoffa inglese. Una delle sue mani scompariva nel guanto grigio di pelle di daino; coll’altra, nuda e scintillante dei raggi di un magnifico brillante infilato al dito mignolo, sosteneva un piccolo canocchiale da tasca appuntato sulle bianche scogliere dell’Inghilterra che già si intravedevano lontanamente.

La giornata di giugno palpitava diafana e luminosa; la Manica era tranquilla come un lago. Quasi tutti i passeggieri stavano all’aperto respirando la sottile brezza marina che appena gonfiava i leggeri tessuti degli abiti femminili.

— E noi che abbiamo sempre temuto la traversata della Manica come una delle più pericolose! — esclamò una voce ingenua che partiva da una famiglia di italiani.

Giulio Sorisi dissimulò, sotto una lieve smorfia, la compassione un po’ altezzosa che gli ispiravano quei viaggiatori novellini. Egli andava a Londra ogni due o tre anni almeno, fermandosi un mese a Parigi, avendo già visitate le principali città d’Europa. Discretamente provvisto di beni di fortuna, l’eredità di uno zio era venuta ad accrescere il suo