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ziosa del Santuario, che appariva in fondo al viale: floridi fanciulli dai visi intelligenti, con una leggiera canzonatura negli occhi, con una piega già adulta nel sorriso; fanciulli, che saranno forse in breve uomini codardi o maligni, ma che hanno ancora sulla fronte i gigli dell’innocenza — e insieme a loro vispe ragazzette, conservatrici fedeli del tipo paesano, dalla carnagione bianco-rosata, dagli occhi molli e indagatori.

Le risate argentine si prolungavano fuori del paese, lungo i viottoli dei campi, su per le siepi di more, in riva agli stagni e alle gore, dove tra l’erba fresca saltellavano gracidando le rane. Sugli usci delle case venivano di tratto in tratto le madri a spiare da lungi collo sguardo il ritorno dei piccoli disertori.

Da ognuno di quegli usci aperti si sprigionava a ondate nauseabonde l’odore dei bozzoli maturi, poi che era il tempo del raccolto, ed ogni famiglia teneva bachi o molti o pochi secondo i mezzi.

Quell’odore persistente, acutissimo, invadeva tutte le contrade, appiccicandosi alle vesti, mescendosi alle altre esalazioni, da padrone che si impone colla forza brutale dell’interesse. Nelle camerette remote, nei giardini, sui poetici veroncelli esso dominava, accolto come un amico, e lieve saliva colla nebbia della sera avvolgendo il