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gli antichi fatti un meschino rancore (degenere sentimento degli odi passati) contro i paesi vicini più floridi e più potenti.

Il suo orgoglio moderno, la sua gloria, il suo vanto, gli vengono da un celebre Santuario unito al paese mediante un lungo e ricco viale di bellissimi ipocastani, e che è come la corona gentilizia, di cui si adorna nelle grandi occasioni.

Il Santuario e il paese si guardano; il primo severo, colla sua cupola eletta al cielo, troneggiante al disopra degli alberi; il secondo adagiato al sole, indolente, come un sibarita grasso che fa la siesta — mascherato da una porta di stile barocco dipinta in color carnicino sullo sfondo di una gran casa gialla dall’apparenza insolente e triste; nota stonata nell’armonia dei grandi alberi verdi, dei campi di ravettone splendenti come oro fuso sotto un cielo di cobalto.

L’afa di una calda sera di giugno mista alle nebbie vespertine cadeva sul borgo come un tacito invito al riposo; e a quest’invito il borgo rispondeva colla voce delle sue numerose campane spandenti per l’aria i rintocchi dell’avemaria.

Frotte di fanciulli scappati di casa colla merenda nel grembiulino si rincorrevano sotto la vôlta profumata degli ipocastani, dando la caccia ai cervi volanti, attratti dalla maestà gra-