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una maestrina di diciotto anni che aveva fra le mani un lavoro di uncinetto, nel taschino del grembiale un romanzo, e che pure s’affannava a gridare: «Zitti dunque! Tranquilli, ubbidienti. Ora viene la signora direttrice!» parole che volavano, inafferrate, al di sopra dello sciame brulicante, coperte dalle vocine stridule e dal rumore di cento piedini vivaci che battevano il lastrico.

Era una allegria spontanea, un erompere di forze giovanili, di desiderî nascenti, uno sgambettare senza scopo, un gridare senza dir nulla; e poi un aprirsi simultaneo di panierini ed una gaja esposizione di mele, di panetti lucidi, di chicche che dava luogo ad altro vocìo, ad altri sgambettamenti e a qualche baruffa incruente.

Non vi erano ombre malinconiche per quei fanciulli. Le loro risa salivano argentine nel cortile tetro, le snelle figurine mettevano degli affreschi vivi sul muraglione; i più arditi tentavano dare la scalata al cipresso.