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di una volta, si sarebbe creduto meno infelice; ma alla sua schietta tenerezza ella era rimasta di ghiaccio, alle sue tacite suppliche, aveva riso.

Ora non lo sfuggiva nemmeno. Discorreva con lui a fronte alta, colla più perfetta tranquillità, lasciandosi guardare fino in fondo agli occhi, sicura.

Una sera, sul tavolino della sua camera, Maria trovò un biglietto suggellato. Non ebbe bisogno di aprirlo per sapere di chi fosse; tuttavia lo aperse calma, e lesse:

«No, Maria, non è una larva l’amor mio. Io vi amo quanto più sinceramente si possa amare. Non mi sono mai sentito così inquieto, non ho mai avuto un vuoto così desolante nel cuore come ora che ho perduto l’amor vostro e sento che mi è necessario. Se poteste leggermi nell’animo, se vedeste le mie angoscie in questi giorni e le lagrime che con dispetto e vergogna di me stesso spargo sopra questi fogli, Maria, non dubitereste più.»