Pagina:Monete medaglie e sigilli dei principi Doria.pdf/22

8

esclama a questo proposito il venerando Marchese Gino Capponi in una nota ai Documenti di Storia Italiana pubblicati da Giuseppe Molini, che durò quella forma dugento e sessantanove anni con poche mutazioni, ch’ella era sì aristocratica, ma che all’aristocrazia il popolo avea accesso; e la nobiltà non come a Venezia corruppe sè stessa, e spense le pubbliche virtù; e dalla storia di Genova il popolo non disparve mai; anzi egli solo insorse a vendicarsi in libertà, quando ogni rimanente d’Italia nemmeno si ricordava che vi fosse libertà; e Genova meglio che Venezia potè invecchiare onorata, e più decorosamente cadde. Quella Repubblica inferma pigliò per l’opera di Andrea D’Oria buon aspetto e durevole costituzione, e a quel tempo le virtù civili, che tanto decaddero nelle altre parti d’Italia parvero in Genova piuttosto risorgere».

In seguito il Doria rivolse le sue galere contro i Turchi, e presso Tunisi ed Algeri tolse molti legni a Barbarossa; e, recatosi in Levante, espugnò Corone e Patrasso. Fu allora che l’Imperatore lo creò Principe di Melfi, che è nello Stato di Napoli, e l’onorò altresì dell’ordine del Toson d’oro. Da quell’epoca i Doria discendenti da Andrea godono il titolo principesco.


    nel 1528, mal giudicata da molti anche a’ dì nostri. Non pochi importanti documenti su quel tempo io potei raccogliere, che, fatti di pubblica ragione, meglio chiariranno quanto il Doria amasse la patria.