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signora lombarda, di cui sopra abbiamo parlato, poteva scrivere al grande genovese, in data del 15 maggio 1834, nei seguenti termini:

„Il vederlo (Giacomo Modena) mi è stato di gioia. Mi pareva di essere con qualcuno dei miei, che conoscessi da molto tempo, che m’appartenesse. Vi ama, vi ama. Abbiamo parlato sempre di voi. Gli cadevano le lacrime quando io gli diceva il vostro animo per lui. Ma io forse non lo vedrò più che una sola volta, perchè parte fra due o tre giorni.„

Ma, andata a vuoto l’impresa di Savoia, pare che il Modena, sempre continuando nella sua amicizia pel Mazzini, non abbia più seguito il grande agitatore nei suoi disegni d’imprese insurrezionali, che meditava dall’Inghilterra dove era andato a cercare un rifugio.

Sposata in Isvizzera una colta e bellissima signora, con questa si ritrasse a vita privatissima in Francia, facendo di tanto in tanto qualche corsa sino a Londra. Soltanto nel 1839 gli atti della Polizia segreta Toscana ritornarono ad occuparsi di lui, e precisamente il 2 luglio di quell’anno, con una lettera del Ministro degli affari esteri del Granducato al Presidente del Buon Governo e colla quale quest’ultimo, perchè potesse prendere in tempo le sue misure, era avvisato„ come Gustavo Modena, ben noto per le sue aberrazioni in materia politica, avesse staccato a Parigi il suo passaporto col proposito di venire in Toscana.„

Quasi nello stesso tempo al presidente Bologna giungeva una istanza del Modena, colla quale il grande artista pregava il Governo toscano che gli concedesse di prodursi sulle scene di Livorno e di Firenze; ma il Bologna gli rispose asciutto asciutto come non gli si potesse accordare il permesso richiesto; solo gli si permetteva, in via di tolleranza „di poter transitare pel Granducato fermandosi non più