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atto secondo 301


Agenore.   Dove t’affretti,

leggiadra ninfa? (arrestandola)
Elisa.   Io vado al re. (vuol passare)
Agenore. (la ferma) Perdona:
veder nol puoi.
Elisa.   Per qual cagione?
Agenore.   Or siede
co’ suoi greci a consiglio.
Elisa. Co’ greci suoi?
Agenore.   Sí.
Elisa.   Dunque andar poss’io:
non è quello il mio re. (incamminandosi)
Agenore. (arrestandola) Ferma: né pure
al tuo re lice andar.
Elisa.   Perchè?
Agenore.   Che attenda
Alessandro or convien.
Elisa.   L’attenda. Io bramo
vederlo sol. (come sopra)
Agenore.   No; d’inoltrarti tanto
non è permesso a te.
Elisa.   Dunque l’avverti:
egli a me venga.
Agenore.   E questo
non è permesso a lui.
Elisa.   Permesso almeno
mi sará d’aspettarlo. (siede)
Agenore.   Amica Elisa,
va’, credi a me: per ora
deh! non turbarci. Io col tuo re fra poco
piú tosto a te verrò.
Elisa.   No, non mi fido:
tu non pensi a Tamiri,
ed a me penserai?
Agenore.   T’inganni. Appunto
io voglio ad Alessandro