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atto secondo 207


Demetrio. L’osserverò. (Costanza!) (si ricompone)

  Il re d’Epiro
arde per te; gli affetti tuoi richiede:
io gl’imploro per lui.
Berenice. (sorpresa) Per chi gl’implori?
Demetrio. Per Alessandro.
Berenice.   Tu!
Demetrio.   Sí. Render puoi
un gran re fortunato.
Berenice. E mel consigli?
Demetrio.   Io te ne priego.
Berenice.   (Ingrato!
mai non m’amò.)
Demetrio.   Perché ti turbi?
Berenice. (con ironia sdegnosa) Ha scelto
veramente Alessandro
un opportuno intercessor. Gran dritto
invero hai tu di consigliarmi affetti.
Demetrio. La cagion se udirai...
Berenice. Necessario non è: troppo ascoltai. (vuol partire)
Demetrio. Ah! senti. Al padre mio
e regno e libertá rende Alessandro,
s’io gli ottengo il tuo amor. Della mia pena
deh! non rapirmi il frutto: è la piú grande
che si possa provar. (con espressione)
Berenice. (con ironia) Parmi che tanto
codesta pena tua crudel non sia.
Demetrio. Ah! tu il cor non mi vedi, anima mia.
Sappi...
Berenice.   Prence, vaneggi? A quale eccesso...
  (sdegnosa)
Demetrio. A chi deve morir tutto è permesso.
Berenice. Taci.
Demetrio.   Sappi ch’io t’amo, e t’amo quanto
degna d’amor tu sei; che un sacro... oh Dio!...
dover m’astringe a favorir gli affetti