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206 xix - antigono


non sappia alcun vivente i tuoi rossori:

se dovessi morir, salvalo e mori.
Ardir! l’indugio è colpa. Andiam... Ma viene
la principessa appunto. Ecco il momento
di far la prova estrema.
Assistetemi, o numi: il cor mi trema.
Berenice. (Qui Demetrio! S’eviti: è troppo rischio
l’incontro suo.)
  (da sé, in atto di ritirarsi, vedendo Demetrio)
Demetrio.   Deh! non fuggirmi: un breve
istante odimi, e parti.
Berenice. (severa) In questa guisa
tu i giuramenti osserva? Ogni momento
mi torni innanzi?
Demetrio. (appassionato) Il mio destino...
Berenice. (severa) Addio:
non voglio udir.
Demetrio.   Ma per pietá...
Berenice. (impaziente) Che brami?
che pretendi da me?
Demetrio.   Rigor sí grande
non meritò mai di Demetrio il core.
Berenice. (Ah! non sa che mi costa il mio rigore.)
Demetrio. Ricusar d’ascoltarmi...
Berenice.   E ben: sia questa
l’ultima volta; e misurati e brevi
siano i tuoi detti.
Demetrio.   Ubbidirò. (Che pena,
giusti numi, è la mia!) De’ pregi tuoi,
eccelsa Berenice,
ogni alma è adoratrice. (tenero)
Berenice. (confusa) (Aimè! spiegarsi
ei vuole amante.)
Demetrio. (tenero) Ognun, che giunga i lumi
solo a fissarti in volto....
Berenice. Prence, osserva la legge, o non t’ascolto. (severa)