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188 xix - antigono


SCENA II

Berenice, poi Demetrio.

Berenice. Io di Demetrio amante! Ah! voi sapete,

numi del ciel, che mi vedete il core,
s’io gli parlai, s’ei mi parlò d’amore.
L’ammirai; ma l’ammira
ognun con me: le sue sventure io piansi;
ma chi mai non le pianse? È troppo, è vero,
forse tenera e viva
la pietá che ho di lui; ma chi prescrive
limiti alla pietá? chi può... Che miro!
Demetrio istesso! Ah! perché viene? ed io
perché avvampo cosí? Principe, e, ad onta
del paterno divieto, in queste soglie
osi inoltrarti?
Demetrio. (con affanno) Ah! Berenice; ah! vieni;
fuggi, siegui i miei passi.
Berenice.   Io fuggir teco!
Come? dove? perché?
Demetrio.   Tutto è perduto;
è vinto il genitor; son le sue schiere
trucidate o disperse. Andiam: s’appressa
a queste mura il vincitor.
Berenice.   Che dici!
Antigono dov’è?
Demetrio.   Nessun sa darmi
nuova di lui. Ma, se non vive il padre,
tremi Alessandro: il sangue suo ragione
mi renderá... Deh! non tardiam.
Berenice.   Va’: prendi,
principe generoso,
cura di te. D’una infelice a’ numi
lascia tutto il pensier.