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atto secondo 149


mossero invidia in me; le tue catene

destan rispetto. Allora
un eroe, lo confesso,
Regolo mi parea; ma un nume adesso.
Regolo. Basta, basta, signor: la piú severa
misurata virtú tentan le lodi
in un labbro sí degno. Io ti son grato,
che d’illustrar con l’amor tuo ti piaccia
gli ultimi giorni miei.
Manlio.   Gli ultimi giorni!
Conservarti io pretendo
lungamente alla patria; e, affinché sia
in tuo favor l’offerto cambio ammesso,
tutto in uso porrò.
Regolo. (turbandosi) Cosí cominci,
Manlio, ad essermi amico? E che faresti,
se ancor m’odiassi? In questa guisa il frutto
del mio rossor tu mi defraudi. A Roma
io non venni a mostrar le mie catene
per destarla a pietá: venni a salvarla
dal rischio d’un’offerta
che accettar non si dee. Se non puoi darmi
altri pegni d’amor, torna ad odiarmi.
Manlio. Ma il ricusato cambio
produrria la tua morte.
Regolo.   E questo nome
sí terribil risuona
nell’orecchie di Manlio! Io non imparo
oggi che son mortale. Altro il nemico
non mi torrá che quel che tôrmi in breve
dee la natura; e volontario dono
sará cosí quel che saría fra poco
necessario tributo. Il mondo apprenda
ch’io vissi sol per la mia patria; e, quando
viver piú non potei,
resi almen la mia morte utile a lei.