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146 xviii - attilio regolo


bramo il mio ben, fuggo il mio mal. Ma questo

trovo sol nella colpa, e quello io trovo
nella sola virtú. Colpa sarebbe
della patria col danno
ricuperar la libertá smarrita;
ond’è mio mal la libertá, la vita:
virtú col proprio sangue
è della patria assicurar la sorte;
ond’è mio ben la servitú, la morte.
Publio. Pur la patria non è...
Regolo.   La patria è un tutto,
di cui siam parti. Al cittadino è fallo
considerar se stesso
separato da lei. L’utile o il danno,
ch’ei conoscer dee solo, è ciò che giova
o nuoce alla sua patria, a cui di tutto
è debitor. Quando i sudori e il sangue
sparge per lei, nulla del proprio ei dona:
rende sol ciò che n’ebbe. Essa il produsse,
l’educò, lo nudrí. Con le sue leggi
dagl’insulti domestici il difende,
dagli esterni con l’armi. Ella gli presta
nome, grado ed onor; ne premia il merto;
ne vendica le offese; e, madre amante,
a fabbricar s’affanna
la sua felicitá, per quanto lice
al destin de’ mortali esser felice.
Han tanti doni, è vero,
il peso lor. Chi ne ricusa il peso,
rinunci al benefizio; a far si vada
d’inospite foreste
mendico abitatore; e lá, di poche
misere ghiande e d’un covil contento,
viva libero e solo a suo talento.
Publio. Adoro i detti tuoi. L’alma convinci,
ma il cor non persuadi. Ad ubbidirti