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114 xvii - zenobia


chiama a parte ogni cor. Sí degno amante

merita miglior sorte. Oh, s’io potessi
renderlo piú felice!
Mitrane.   Assai pietosa,
Egle, mi sembri. Ei di pietade è degno;
ma la pietá, che mostri, eccede il segno.
          Pastorella, io giurerei
     o che avvampi, o manca poco:
     hai negli occhi un certo foco,
     che non spira crudeltá.
          Forse amante ancor non sei,
     ma d’amor non sei nemica:
     ché d’amor, benché pudica,
     messaggera è la pietá. (parte)

SCENA IX

Egle sola.

È ver, quella, ch’io sento,

parmi piú che pietá. Ma che pretendi,
Egle infelice? A troppo eccelso oggetto
sollevi i tuoi pensieri: alle capanne
il ciel ti destinò. La fiamma estingui
di sí splendide faci;
e, se a tanto non giungi, ardi, ma taci.
               Fra tutte le pene
          v’è pena maggiore?
          Son presso al mio bene,
          sospiro d’amore,
          e dirgli non oso:
          — Sospiro per te. —
               Mi manca il valore
          per tanto soffrire;
          mi manca l’ardire
          per chieder mercé. (parte)