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64 xi - olimpiade


Clistene.   E quel fanciullo, Aminta,

dov’è? che ne facesti?
Aminta.   Io... (Quale arcano
ho da scoprir!)
Clistene.   Tu impallidisci! Parla,
empio! di’: che ne fu? Tacendo, aggiungi
all’antico delitto error novello.
Aminta. L’hai presente, o signor: Licida è quello.
Clistene. Come! non è di Creta
Licida il prence?
Aminta.   Il vero prence in fasce
finí la vita. Io, ritornato appunto
con lui bambino in Creta, al re dolente
l’offersi in dono: ei, dell’estinto in vece,
al trono l’educò per mio consiglio.
Clistene. Oh numi! ecco Filinto! ecco il mio figlio!
  (abbracciandolo)
Aristea. Stelle!
Licida.   Io tuo figlio?
Clistene.   Sí. Tu mi nascesti
gemello ad Aristea. Delfo m’impose
d’esporti al mar bambino, un parricida
minacciandomi in te.
Licida.   Comprendo adesso
l’orror che mi gelò, quando la mano
sollevai per ferirti.
Clistene.   Adesso intendo
l’eccessiva pietá, che nel mirarti
mi sentivo nel cor.
Aminta.   Felice padre!
Alcandro. Oggi molti in un punto
puoi render lieti.
Clistene.   E lo desio. D’Argene
Filinto il figlio mio,
Megacle d’Aristea vorrei consorte;
ma Filinto, il mio figlio, è reo di morte.