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112 | vii - artaserse |
Mandane, per pietá nessun mi lasci:
assistetemi adesso; adesso intorno
tutti vorrei gli amici. Il caro Arbace,
Artabano, dov’è? Quest’è l’amore,
che mi giurò fin dalla cuna? Ei solo
m’abbandona cosí?
Mandane. Non sai ch’escluso
fu dalla reggia in pena
del richiesto imeneo?
Artaserse. Venga Arbace: io l’assolvo.
SCENA XI
Megabise, poi Arbace disarmato fra le guardie, e detti.
Megabise. Arbace è il reo.
Artaserse. Come!
Megabise. Osserva il delitto in quel sembiante.
(accennando Arbace, che esce confuso)
Artaserse. L’amico!
Artabano. Il figlio!
Semira. Il mio german!
Mandane. L’amante!
Artaserse. In questa guisa, Arbace,
mi torni innanzi? Ed hai potuto in mente
tanta colpa nudrir?
Arbace. Sono innocente.
Mandane. (Volesse il ciel!)
Artaserse. Ma, se innocente sei,
difenditi; dilegua
i sospetti, gl’indizi; e la ragione
dell’innocenza tua sia manifesta.
Arbace. Io non son reo: la mia difesa è questa.
Artabano. (Seguitasse a tacer!)
Mandane. Pure i tuoi sdegni
contro Serse...