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128 ii - siroe


SCENA VIII

Appartamenti terreni corrispondenti a’ giardini.

Siroe senza spada, ed Arasse.

Arasse. Chi ricusa un’aita,
giustifica il rigor della sua sorte.
Disperato e non forte,
prence, ti mostri allor che in me condanni
un zelo, che fomenta
del popolo il favor per tuo riparo.
Siroe. L’ira del fato avaro
tollerando si vince.
Arasse. Al merto amica
rade volte è Fortuna; e prende a sdegno
chi meno a lei che alla virtú si affida.
Siroe. L’alma, che in me s’annida,
piú che felice e rea,
misera ed innocente esser desia.
Arasse. Un’innocenza obblia,
che avria nome di colpa. Il volgo suole
giudicar dagli eventi, e sempre crede
colpevole colui che resta oppresso.
Siroe. Mi basta di morir noto a me stesso.
Arasse. Ad onta ancor di questa
rigorosa virtú, sará mia cura
toglierti all’ira dell’ingiusto padre.
Il popolo e le squadre
solleverò per cosí giusta impresa.
Siroe. Ma questo è tradimento, e non difesa.
               Arasse. Se pugnar non sai col fato,
          innocente sventurato,