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assai di origine, e che altra gloria però non hanno presentemente se non quella di essere popolati assai più, ed in uno stato più gaio e più soddisfacente al gusto moderno. Molti sepolcri dunque che sonosi in diversi tempi scoperti nelle vicinanze così del paese, che nell’interno delle nostre campagne e che si vanno anche alla giornata scoprendo di figura vaga e diversa ornati di vasi Etruschi ed Egiziani ( de’ quali feci anni sono buona raccolta, di cui però ne sento tuttora l’amarezza per essermi stata involata da un estero Amico, sotto il pretesto specioso di farne riconoscere il pregio da un intendente di sua confidenza ) sono una prova incontrastabile di quell’antichità che vanta Trevignano a preferenza di tanti altri paesi, che hanno in oggi il vantaggio di essere più brillanti e più popolati di lui. Nell’anno 1810 se ne rinvenne uno quattro buoni palmi sotterra la cui lapide rivoltata a caso dalla violenza di quattro bovi attaccati all’aratro, che lavoravano un terreno in vocabolo la Carareccia presentò un iscrizione da capo a piedi latina, che tosto fece credere al bifolco esservi in quel luogo un qualche ricco tesoro. Infatti mosso da quel vivo desiderio e trasporto, che sogliono inspirare nel cuore degli ignoranti le improvvise scoperte di tal natura, e la certa speranza di rinvenire copiosa somma di denaro, si diede con tutta possa a scavare il terreno, fintanto che giunse a scoprire non essere più quel tesoro, che si era immaginato, ma bensì un antico sepolcro del quale faccio brevemente la descrizione, perchè da me ocularmente veduto, e con ogni esattezza esaminato, la cui lapide feci subite trasportare con una vetta di bovi al mio giardino, dove ora esiste, e che può vedersi a piacimento di ognuno. Era dunque questo formato a guisa di Sarcofago tutto però ben murato a calce, e sopra la volta coperto di grossi e larghi tegoloni, che lo difendevano perfettamente da qualunque intemperie od ingiuria del tempo. Al di sopra riposar dovea la lapide scritta tutta di peperino con sue cornici attorno, le quali rovesciate da più secoli restavano mezze sepolte nel terreno, per cui non erano state in addietro riconosciute ed a che appartenevano. Aperta quindi la suddetta volta, ma con grande stento, si rinvennero le ossa intere che appena esposte all’aria aperta si ridussero in minutissima polvere. Fatte alcune ricerche nel fondo di quella cassa altro non si trovò che un pezzo di lamina di metallo, che dinotava essere stata forse una lorica, ed una impugnatura di spada quasi tutta corrosa dalla ruggine, in cui però si conosceva ancora un piccolo indizio della lama, che vi stava unita. Nel prospetto della detta lapide alta palini 5. e larga palmi 2. meno un quarto evvi da capo a piedi un iscrizione latina assai bene