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e del suo castello - libro terzo 73

impii homines, quos nulla reverentia sacerdotii, nullus Dei metus, nulla Pontificis auctoritas tangit, subito tumultuarium militem contrahunt, oppidum obsident, pastorem operibus, ac machinis oppugnant.... Cedere furentibus malui, quam committere ut civium meorum sanguis ex certamine effunderetur 1». Guglielmo marchese di Monferrato coll’avanzo delle sue genti di cavalleria andò a Pavia; Ottone e Simone da Locarno si ritirarono l’uno a Como e l’altro a Novara. In questo modo Arona lacerata da tanti patimenti, si riconfermò sotto la potenza dei Torriani, e vi stette sino all'anno 1277, in cui Ottone, col favore dei suddetti suoi alleati e di Riccardo Langosco, raccolte nuove forze, debellato avendo i Torriani a Decio2, fatti prigionieri Nappo Carnevario, Enrico, Lombardo, Mosca e Guido Torriani, e cacciati Martino, e Cassone Della Torre da questo castello, in cui dopo la rotta di Decio si erano rifuggiati, potè finalmente entrare in Milano tanto desiderato, ed avere per conseguenza il dominio su di questa e sulla fortezza di Angera senza ulteriore contrasto.

Per gli accaduti fatti benchè siasi consolidata la suprema signorìa di Arona nel dominio di chi reggeva il contado di Milano, è però sempre stata considerata come luogo staccato dal contado, o dal ducato medesimo. Ebbe Arona sempre il proprio giudice3, con giurisdizione separata ed indipendente , ed il suo governo municipale4. E quello

  1. Saxus in vita Othonis Vicecom., e Bernardino Corio, Storia di Milano, parte II, pag. 126.
  2. Giovio sopracitato.
  3. Verri, Collect. Decis ad tit. constitut, De adv. fiscal. n 10, pag. 46, et ad tit. De monetis, n. 17, pag. 47.
  4. Il Padre Zaccaria, lib. III, pag. 161.