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avvertire, che ne’ manoscritti fossero state confuse le rime del nipote con quelle del zio1. Soggiunge ancora il Filelfo «che questo Jacopo non lasciò successione, avendo in età fresca terminato il corso del viver suo. Bensì da Dante II. nacque Pietro2 e Leonardo, il quale oggi vive, ed ha più figliuoli» come scrive Leonardo Aretino che nel 1436. compose la vita del divino Poeta. «Nè è molto tempo (segue egli a dire), che Leonardo antedetto venne a Firenze con altri giovani Veronesi bene in punto, e onoratamente; e me venne a visitare, come amico della memoria del suo proavo Dante. E io li mostrai le case di Dante, e de’ suoi antichi, e diegli notizia di molte cose a lui incognite, per essersi stranato lui, e i suoi dalla sua patria». Questo fece testamento nel 1439. e dei figliuoli che ebbe non si sa che gli sopravvisse altro che un Pietro, uomo di merito, e di reputazione fra i suoi, al quale nel 1468. siccome a suo luogo fu detto Giovan Mario Filelfo indirizzò la vita del Poeta Dante, avendo con esso avuta stretta famigliarità3. Questa vita fu poi da Pietro dedicata a Pietro de’ Medici ed a Tommaso Soderini, in dimostrazione dell’affetto che verso quella patria nutriva, la quale a suoi maggiori era satta assai poco favorevole.

  1. Giovan Battista Gelli nella 1.ª lezione sopra l’Inferno di Dante scrive «È da sapere che il nipote di esso Dante, il quale commentò quest’opera in quella lingua latina, che apportavano quei tempi senza mettervi il nome proprio, ma chiamando Dante genitore di Pietro suo ec.» Io non so chi sia questo nipote del Poeta, nè ho trovato il commento che qui accenna il Gelli. Potrebbe essere che lo compilasse il nostro Jacopo.
  2. Anche di questo Pietro se ne ha il riscontro dal predetto necrologio nel quale si legge III. Kalendas decembris obitus Petri filii domini Danti de Aldigeriis «fratris religiose domine Lucie abbatisse dicti monasterii».
  3. Il Filelfo luogo citato, di lui parla in questi termini: «Optimus vir est, et civis integerrimus, quique in urbe Verona maxima et apud cives, et apud universam Venetorum Rempublicam et auctoritate valet, et gratia, quo ego sum usus quam familiarissime, audivitque a me nonnullas Dantis atavi sui partes, quas anno superiore (scriveva nel 1468. in circa) sum interpretatus Verone, mirificeque est illius lectione delectatus».