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del cav. di s. quintino 151


Ora se Libama era, nel secondo o terzo secolo dell’era nostra, città di tal riguardo onde avere anch’essa grandiose fabbriche destinate quasi unicamente al sollazzo, ed agli spettacoli, era cosa molto naturale che non fosse priva di quegli altri vantaggi, che più direttamente ai bisogni del vivere, alla mondezza, ai comodi ed al ben essere de’ cittadini appartengono. Essa avea di fatto il suo acquedotto, come n’erano provvedute quasi tutte le primarie città presso gli Antichi; i quali aveano sicuramente maggior cura di procacciarsi in abbondanza acque pure e salubri, che non si fa di presente.

L’acquedotto di Libarna raccoglieva le sue acque sei miglia di là distante nel rivo che va a cadere nella Scrivia vicino a Pietra-Bisciara; e veniva alla città, fiancheggiando il monte, sulla sinistra sponda del detto fiume, dove non pochi avanzi se ne vedono tuttora, lungo la moderna strada di Genova. E degna d’allenzione la sua costruzione di cemento a calcestruzzo senza rena; e largo internamente vent’otto centimetri, ed alto quarantacinque. Il suo corso trovandosi, in un tal punto poco distante da Pietra-Bisciara, arrestato da un grosso macigno di quella pietra varieggiata, che ha dato probabilmente il nome al villaggio predetto, vi fu praticato un foro o galleria, le dimensioni della quale sono, presso a poco, le seguenti: in lunghezza metri diciotto, in larghezza centimetri ottanta, in altezza due metri.

II signor Canonico Botazzi nelle più volte citate sue osservazioni1 asserisce di aver veduto dentro il perimetro della città alcune porzioni di un’acquedotto, il quale era largo internamente poco meno di un piede piemontese (centim. 55). Ed io parlai con chi vide estrarre da quel suolo medesimo alcuni tubi di piombo di capacità non ordinaria. Oltre a ciò nel cortile di una casa privata di Serravalle conservasi tuttora un antico cippo di forma piramidale, e d’assai buon lavoro, dal centro, e dai quattro lati

  1. Osserv. cit. pag. 24.