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medicine di lui, e dissuadevano molti a prenderle, adducendo ragioni cavate dal tesoro e dalla prudenza della loro arte. Egli poi quasi a tutti gli ammalati ordinava di bevere la tisana, di cui parla Ippocrate, dicendo che non si dà bevanda più salubre della tisana. Quelli poi che di lui sparlavano gridavan dicendo: non conviene a tutti la medesima cosa. E di più: nessuno finora di quelli, che costui curò, si è risanato. Dove son dunque le sue promesse: ecco che in pochi giorni io scaccio qualunque male? Forse non anche Giuseppe Padre di Giuseppe Sacerdote, cui avea predetto, che il giorno dopo avrebbe scaricato de’ vermi, si trovò, che non ne scaricò alcuno, e finora è oppresso dalla sua infermità? E nessuno poteva a quegli rispondere, fuorchè una cosa sola, che tuttavia quest’uomo non cessa di fare elemosine. Venivano poi tutti i giorni, da tutta l’Italia intorno, personaggi non pochi, e donne primarie, ed anche molti dal settentrione per vedere il di lui volto, e consultarlo, e fino dai monti della Germania, e dal littoral Genovese, trovando ristoro nella loro propria credulità.