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ragguardevole, dato il nostro ascendente militare e politico, dato il nostro ordinamento, disciplina, unità di direzione e di azione rispetto alle truppe scioane; data la nostra rapidità e coesione nelle marcie e nei combattimenti; date le profonde scissure fra i capi nemici, il malcontento nelle popolazioni, e il timore dei soldati, segnalato da parecchi informatori.

Il raccolto, in molte provincie d’oltre frontiera, è stato buono ed il paese ha in copia bestie da macello e da trasporto. Nè pare che manchino i talleri, onde sono così ghiotti i capi abissini. Ma a lungo le riunioni di truppe in paese malamente e poco coltivato, senza servizi amministrativi che risparmino o moderino il consumo, sciupa sollecitamente ogni risorsa, specie quando i soldati abituati alle razzie vivono fra gente in gran parte a loro estranea, e da alcuni considerata addirittura nemica.

Da Uoro Jelu alla nostra frontiera si possono contare circa quindici tappe abissine. Gli Inglesi nei 1868 ne hanno impiegato una ventina dal campo di Antalo a Magdala, e ne avrebbero impiegato forse trenta per spingersi fino a Uoro Jelu; ma si sa che essi avanzavano con immenso traino, con truppe in parte composte di bianchi, e con grandissime precauzioni.

In una guerra difensiva, i soldati del Negus, potrebbero essere in numero anche maggiore, piegando dietro la linea del Bascilò e del Mille, coll’aggiunta che potrebbero tenere forti località e facilmente, come è loro costume, lasciare, ritirandosi, il paese a noi deserto. Di qui la necessità imprescindibile per noi, quando si conti di avanzare, di portare le vettovaglie, di avere guardie vigilanti ai fianchi, di essere pronti ad attaccare con forze sufficienti e superare prontamente ogni ostacolo ed ogni resistenza. Bensì la nostra avanzata scuoterebbe il morale già scosso, e potrebbe produrre a nostro profitto fughe, ribellioni e rovine delle quali è duopo tenere conto, ma sulle quali non si può interamente fidare in una impresa, che deve avere tutte le probabilità del successo.

Ras Mangascià fa spargere sui mercati la voce dell’avanzarsi a grandi orde degli Scioani; e pare che Menelik non sia scarso di promesse. Lo spingerebbero all’azione: il bisogno di tenere alto il suo prestigio seriamente compromesso dall’occupazione da parte nostra di uno de’ suoi tre regni, colla città santa di Axum; la speranza, che forse nutre, di avere alleati i dervisci; la presa di Makallè con gli sbocchi del Pian del Sale e colle dirette comunicazioni