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prigioniero della inquisizione, ma sapeva, che il mio delitto, per grande che fosse, non era di quelli, che cadeva direttamente sotto la giurisdizione del suo tribunale. Non aveva giammai pronunziata una parola, che denotasse mancanza di rispetto per la Chiesa, o che esprimesse il più leggiero dubbio sugli articoli della Fede. L’assurda supposizione di magia, e di esser posseduto dallo spirito diabolico era svanita alla visita fatta dal vescovo. La mia ripugnanza per la vita del chiostro era, egli è vero, notoria, ed io ne aveva date delle prove pur troppo funeste; ma non doveva io perciò incorrere la pena di essere inquisito dal tribunale del Sant-Offizio, almeno per quanto io immaginava, nè credeva falso il mio ragionamento. Il settimo giorno dopo il ritorno della mia ragione era stato fissato pel mio interrogatorio, il quale terminò in una maniera non molto per me sfavorevole. I miei giudici deplorarono, e riprovarono per verità la mia avversione per la vita monastica, nulla però mi disse-