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solitudine. La loro deliziosa, ma illusoria esistenza, non offre che due epoche, la presenza e la assenza, e queste tengono luogo di tutte le distinzioni che si fanno o fare si possono nella natura e nella società. Il mondo per loro non racchiude che un individuo, e per essi cotesto individuo è il mondo intiero. L’atmosfera della sua presenza è la sola aria nella quale essi possono respirare, ed il lume de’ suoi occhi l’unico sole della loro creazione. (Io dunque amo, disse seco stessa Isidora.) Amare, proseguiva Melmoth, è vivere in una esistenza piena di contraddizioni perpetue; sentire che l’assenza è insopportabile; soffrire quasi altrettanto alla presenza dell’oggetto amato; esser ripieni di migliaia di pensieri quando siamo lontani da lui; pensare al contento che proveremo nel fargliene parte la prima volta, che ci riabboccheremo con esso; e quando arriva il momento della nostra riunione, sentirci, in forza di una timidezza egualmente oppressiva ed insopportabile, fuori di stato di espri-