Pagina:Maturin - Melmoth, I, 1842.djvu/312


299

tagli, esso c’interrompeva dicendo: il suo dovere non permettergli di lasciare in tal guisa violare le regole del parlatorio. Quando io sosteneva un fatto, esso lo contraddiceva e davami incessantemente delle mentite, ed in fine turbava a segno la nostra conferenza, che mi vidi costretto a dovere per mia giustificazione personale citare il castigo che mi era stato di recente fatto subire. Questo non poteva esser negato, e d’altronde il pallore del mio volto ne era una testimonianza incontrastabile. Dal primo momento in cui entrai in codesto racconto, esso si tacque, per meglio ascoltare, come credo, e l’avvocato raddoppiò la sua attenzione. Egli prendeva degli appunti di tutto ciò che io diceva, e mi sembrò che desse all’ultimo fatto da me raccontatogli maggiore importanza di quello che io avessi potuto credere, ed anco desiderare.

Terminata la conferenza me ne ritornai alla mia cella: le visite dell’avvocato si ripeterono per più giorni, fino a tanto cioè che egli ebbe